Lo sbiancamento è dannoso? E quanto dura?
Lo sbiancamento dei denti è un trattamento cosmetico che serve a renderli più bianchi e luminosi. Si può fare su denti vitali (sani) e su denti devitalizzati: se eseguito con le dovute cautele, non ha effetti collaterali (a parte una transitoria sensibilità) e non reca alcun danno al paziente. Esistono diversi tipi di sbiancamento: -Trattamento professionale: si applica un gel sui denti e si utilizzano speciali
lampade che accelerano la penetrazione della sostanza sbiancante. La durata del risultato è di circa un anno; -Trattamento domiciliare: si esegue a casa propria, con tempi più lunghi. Si applica un gel in una mascherina personalizzata, sottile e morbida, che può essere tenuta in bocca sia di giorno, sia di notte. La durata del risultato è di circa 3-4 anni.
Va comunque eseguito in una bocca sana e con un buon grado di igiene.
Quanti e quali denti abbiamo?
Nell’uomo esistono due dentizioni: la dentizione decidua o “da latte” e la dentizione permanente. I denti da latte spuntano a partire dal 6° mese di vita (in genere i primi a spuntare sono gli incisivi centrali inferiori) fino ai due anni, due anni e mezzo circa. Sono 20: 4 incisivi centrali, 4 incisivi laterali, 4 canini e 8 molaretti. I denti permanenti cominciano a spuntare a partire dal 6° anno di età fino al 12° (con l’eccezione
del 3° molare, o dente del giudizio, che spunta, quando c’è, tra il 18° e il 21° anno di età). Il primo dente permanente a spuntare è di solito il primo molare inferiore, che non sostituisce nessun dente da latte ma spunta dietro all’ultimo molaretto. Da questo momento e fino alla permuta completa si parla di “dentizione mista”. I denti permanenti nell’adulto sono 32: 4 incisivi centrali, 4 incisivi laterali, 4 canini, 8 premolari e 12 molari.
Come si chiamano i denti? E perché il mio dentista “dà i numeri” per indicarli?
Per poter più velocemente indicare un dente si sono ideati, nel tempo, diversi metodi. Quello oggi più utilizzato prevede di suddividere la bocca del paziente in quattro settori, chiamati “quadranti”: abbiamo pertanto due quadranti superiori (destro e sinistro) e due quadranti inferiori (destro e sinistro). Questi quadranti vengono numerati procedendo in senso orario (immaginando di guardare il viso del paziente) a partire dal quadrante superiore destro (1° quadrante). Il secondo quadrante è il superiore sinistro, il
terzo è l’inferiore sinistro e il quarto è l’inferiore destro. Per i denti da latte i numeri dei quadranti vanno dal 5 all’8. Nell’ambito di ogni quadrante avremo quindi un totale di 5 denti da latte nel caso di bimbi o 8 denti permanenti nel caso degli adulti. La numerazione parte dall’incisivo centrale fino all’ultimo dente (il secondo molaretto deciduo o il terzo molare permanente). La combinazione di questi due numeri, prima quello del quadrante e poi quello del dente, ci permette di identificare rapidamente tutti i denti della bocca.
Se un dente frontale si rompe, devo conservare il frammento rotto? E come?
Se a causa di un trauma un dente si frattura, sia esso da latte o permanente, bisogna conservare il frammento e recarsi immediatamente dal dentista. Poiché il frammento non deve disidratarsi è importante tenerlo in un contenitore immerso in un liquido (non avendo a disposizione della soluzione fisiologica, che rappresenta la scelta migliore, si può raccogliere un po’ di saliva del paziente stesso, o in alternativa del latte). Se la frattura non coinvolge la radice del dente e non espone la polpa dentale il dentista può incollare il frammento restituendo integrità al dente. Se la frattura espone la polpa dentale in caso di dente da latte il dentista eseguirà una rimozione della polpa dentale più superficiale, per ottenere un arresto del sanguinamento, poi proteggerà ciò che rimane del nervo del dente ed eseguirà quindi un’otturazione provvisoria. A distanza di qualche giorno incollerà il frammento al
dente. Il dente dovrà essere tenuto sotto controllo per verificarne a distanza di tempo il mantenimento della vitalità.
In caso di esposizione della polpa in un dente permanente il dentista farà una devitalizzazione vera e propria, dopo di che incollerà il frammento. Se la frattura coinvolge la radice, in caso di dente da latte si dovrà procedere all’estrazione del dente; in caso di dente permanente si dovrà valutare sulla base della porzione di radice fratturata. Se la frattura è troppo profonda non rimane altra terapia se non l’estrazione. Se il trauma è tale per cui il dente viene perso interamente, in caso di dente da latte non si fa nulla: il dente non può essere riposizionato, perché il reimpianto di un dente da latte potrebbe compromettere la salute del germe sottostante. Se si perde un dente permanente lo si reinserisce nell’alveolo e lo si blocca in posizione attaccando un filo che viene fissato anche ai denti di fianco. Una volta stabilizzato, il filo verrà rimosso e il dente devitalizzato.
Ho i denti mobili. È possibile far guarire l’osso distrutto dalla malattia parodontale?
Esistono interventi di rigenerazione ossea che hanno però indicazioni specifiche. Quando ci siano tasche particolarmente profonde e localizzate con deficit in cui la perdita di ossea sia come un “canyon” con alcune pareti mantenute, si possono ottenere risultati soddisfacenti riempendo le mancanze con biomateriali e/o osso del paziente prelevato da altre sedi. Quando la perdita di osso è diffusa nelle varie zone della
bocca non è possibile restituire efficacemente l’osso perduto; in questi casi è comunque indicato attuare un protocollo di “mantenimento” che miri a mantenere la massima igiene così da evitare ulteriori perdite di osso, conservando quello residuo e rimandando il più a lungo possibile la perdita dei denti.
Se i denti sono molto mobili è corretto aspettare che cadano spontaneamente?
No! Solo la corretta diagnosi dello specialista può indicare se un dente mobile sia “salvabile” o da estrarre. Un elevato indice di mobilità indica spesso una situazione compromessa che, se mantenuta fino alla caduta spontanea dell’elemento stesso, potrebbe compromettere la stabilità dei denti vicini (l’osso che tiene fermo un dente è lo stesso che tiene in sede il dente adiacente). Occorre tenere presente inoltre che l’osso che viene distrutto dal processo infiammatorio, e che porta alla caduta del
dente, è lo stesso che dovrebbe ospitare un eventuale impianto qualora si volesse sostituire il dente perso. Mantenere a oltranza denti malati può quindi significare la perdita massiccia di supporto osseo e compromettere la possibilità futura di posizionare una vite.
In assenza del muro (l’osso) non possiamo posizionare la vite (la nuova radice artificiale), se non rigenerando l’osso perso con interventi ulteriori.
Cos’è l’allungamento di corona?
L’allungamento di corona è un intervento di parodontologia che consiste nella riduzione e modellazione dei tessuti intorno all’elemento dentario, per esporre una parte di dente ammalata che è necessario curare. Quando la parte di dente danneggiata è profonda e si trova sotto il profilo dei tessuti (gengiva e talvolta addirittura osso) – come accade in alcune carie penetranti e fratture dentarie –
non abbiamo possibilità di vedere e controllare i margini del dente da trattare. Si rende quindi necessario questo tipo di intervento per riposizionare i tessuti e rendere accessibile la zona da curare, permettendo tra l’altro il corretto montaggio della diga e l’operatività in campo asciutto.